[AcLab] Abandonware e software "usa e getta"

nw315 a cryptolab.net nw315 a cryptolab.net
Mar 1 Set 2009 19:34:10 BST


On Tue, 01 Sep 2009 17:05:14 +0200, Nuccio Cantelmi <n.cantelmi a bluehat.it>
wrote:
> Angelo Rosina ha scritto:
>> Io ho ancora dei vecchi dischetti, delle vecchie cassette per Commodore
>> 64, e addirittura delle cartucce per atari 2600: molti di essi
funzionano
>> ancora (e per quelli che non funzionano, posso ritrovarli sui siti di
>> abandonware); ogni tanto può essere piacevole rigiocare a titoli
>> "storici", come Monkey Island o Indiana Jones and the fate of Atlantis,
o
>> addirittura Spy Hunter o Impossible Mission (gli emulatori vengono in
>> aiuto), anche se si tratta di giochi obsoleti, ma... se adesso mi
>> prendessi una console OnLive (per il cloud gaming), tra dieci anni
potrò
>> ancora giocare ai miei giochi preferiti? Quasi certamente no, perchè
non
>> ci saranno più; ce ne saranno altri, ma non è detto che mi piaceranno
>> altrettanto (per la cronaca, è lo stesso motivo per cui odio concetti
>> come il DRM e il trusted computing). Inoltre, quanti si divertivano a
>> patchare i giochi, aggiungendo cheat mode per vedere i livelli nascosti
>> (o i glitch e i bug?)? A volte era più
>>  divertente del gioco stesso... ed anche questo rischia di sparire. 
>>
>> Ma non ci sono solo i giochi: ho ancora dei vecchi programmi in QBasic,
>> fatti per lavorare su database scritti in DBase III: funzionano ancora
>> perfettamente, ammesso di avere il DBase III (che non è più in
>> commercio, ma si può trovare su vecchi floppy, o su siti di
>> abandonware); per applicazioni molto specifiche, posso ancora usarlo (ed
>> eventualmente convertire i dati in un formato più moderno solo alla
>> fine. Al contrario, ho uno script realizzato tre anni fa usando le API
di
>> Google Maps: non funziona più, perchè tali API, considerate obsolete,
>> sono cambiate, quindi dovrei riscrivere tutto (e con il mio browser
>> funziona male).
>> Quindi, il modello "software as a service" uccide la personalizzazione,
>> ed uccide l' abandonware.
>>   
>>
>> Tra i miei vecchi floppy, però, ho trovato anche qualcos' altro:
>> raccolte di shareware, con funzioni bloccate, che ormai non sono più
>> sviluppati (quindi non posso ordinare la versione completa), nè diffusi
>> (quindi, il crack è introvabile), e di cui ormai esistono alternative
>> libere; programmi per la compilazione del 740 (forse funzionerebbero
>> ancora, ma per cosa? le norme sono cambiate, non servirebbero a niente),
>> corsi multimediali (il cui contenuto sarebbe potuto essere archiviato in
>> un banale file di testo, ma visto che dovevano riempire un CD hanno
>> aggiunto un mucchio di immagin e musichette a caso), questionari
>> interattivi (che riproponevano sempre le stesse domande), tutta roba che
>> non mi interessa conservare (i floppy si potevano riformattare, i CD-rom
>> no... ora sono inutili quanto un CD-r bruciato).
>> Per giunta, spesso era obbligatorio installarli (servivano per la scuola
>> o per il lavoro), non si potevano usare delle alternative (per il 740,
ad
>> esempio, c' era solo quello "ufficiale"), ed erano stati sviluppati
>> frettolosamente, in modo penoso: magari erano realizzati in Visual
Basic,
>> e per installarli era necessario installare centinaia di VBX
(antesignani
>> dei famigerati ActiveX), e poi non c' era procedura di disinstallazione
>> (così si lasciavano sul computer un mucchio di file inutili, che
>> interferivano con altri programmi); oppure il programma richiedeva 600K
>> di memoria convenzionale, e perciò occorreva modificare CONFIG.SYS e
>> AUTOEXEC.BAT (disattivando magari modem e scheda audio); o, ancora, si
>> rifiutava di funzionare se non trovava la scheda audio, e poi la usava
>> solo per fare una musichetta e due beep. Per giunta, in genere questi
>> programmi erano fatti per essere usati una volta o due e basta... oggi,
>> vi piacerebbe dover installare l' ultima
>>  versione del .NET o della JVM per far partire un programma da 500K, che
>>  dovete usare una volta sola? E non parliamo, poi, di chi aveva un altro
>>  sistema operativo... questi programmi erano tutti per dos o windows
>>  (sempre l' ultima versione, gli sviluppatori seguivano le ultime
>>  mode)... e chi aveva OS/2, ad esempio, era tagliato fuori.
>>   
> Ne hai abbastanza per un piccolo museo di archeologia informatica... 
> Complimenti.

Mi associo, hai davvero una bella collezione di vecchia storia informatica!

>> Per questi programmi, malfatti, quasi inutili, ma praticamente
>> obbligatori (pensate anche ai programmi che devono usare i
>> professionisti... provate a chiedere al vostro medico di base se si
trova
>> bene con il programma che deve usare per tenere le cartelle, e che deve
>> aggiornare ogni anno, probabilmente scoprirete che lo odia), le versioni
>> online sono una buona alternativa: niente installazione, poche
>> incompatibilità (spesso funzionano con qualsiasi browser), ho sempre l'
>> ultima versione (che è l' unica che serve), nessuna disinstallazione
>> (quando eco dal sito è tutto finito), nessun residuo. Anche la tutela
>> della privacy diventa un problema relativo: visto che tanto la
>> dichiarazione dei redditi deve essere inviata al ministero delle
finanze,
>> se per compilarla uso un servizio online disponibile sul loro sito non
>> rivelo loro nulla di più di quanto avrei dovuto comunicare comunque al
>> momento della consegna.
>>
>> Anche per i programmi shareware (che spesso si lasciavano dietro files
>> nascosti o chiavi di registro fasulle, per segnalare che l' avevi già
>> usato per i 30 giorni concessi), il modello saas può essere utile: non
>> è possibile craccare il programma, e l' autore può offrire un servizio
>> del tipo "pay per use", oppure visualizzare delle schermate
pubblicitarie
>> e offrire il servizio gratuitamente; se il programma mi serve una volta
>> sola (magari è un programma per progettare biglietti di auguri: quante
>> volte conto di usarlo? una volta a Natale ed una a Pasqua, magari, non
di
>> più), preferisco sorbirmi un banner pubblicitario un paio di volte
>> piuttosto che acquistare il programma completo, con 800 clipart, che non
>> userò mai (certo, l' ideale sarebbe usare software libero, ma i
>> programmi liberi di solito sono fatti per utilizzi più generici...
>> disegnare un biglietto di auguri con GIMP è possibile, ma richiede
molto
>> più tempo di un programma specifico nato
>>  per quello).
>>   
> L'utilità è come Giano bifronte. Utile per l'utente non dover
installare 
> un programma che usa una sola volta. Ma molto più utile per il provider 
> accaparrarsi i dati della persona attraverso la registrazione al 
> servizio e intraprendere con lui un canale diretto di comunicazione 
> commerciale. Se peso queste due utilità....

Gnuccio come al solito ha individuato il punto nodale del problema e cioè
quello della gestione dei dati e quindi il problema della privacy digitale
che ci sta tanto a cuore qui su aclab.
In realtà il problema è proprio quello della moneta che si paga - a
prescindere dal fatto che si possa urlare che questi servizi sono gratuiti,
infatti essi poi si pagano in termini di dati concessi - 
Se voglio poter usufruire di un servizio sono costretto a fornire dei dati
al provider che me lo mette a disposizione.
Già oggi non è possibile navigare in rete senza dire in qualche modo chi
sei, oltre al nome ed al cognome poi ci sono tutta una serie di strumenti
che ci rendono la navigazione trasparente; perché mai dovrei ancora una
volta dire ad altri chi sono e cosa faccio solo per poter utilizzare un
servizio? Io sono del parere che sia meglio avere il tool che mi serve
nella mia macchina ed utilizzarlo quando e come voglio.
Accetterei un servizio cloud solo se mi dessero la possibilità di fare un
login con un nick di fantasia ed una email temporanea, ogni volta che lo
voglio. oggi sono pippo a mioserver.it e domani pluto a caos.boh, quella
sarebbe la dimostrazione pratica di voler offrire un servizio senza un
interesse di cattura dei dati personali da parte di un provider di servizi
nuvola. Ma non credo che questo averrà mai. Anche questo sospetto mi fa
pensare che a parte la pubblicità mirata, ci siano altri interessi poco
chiari.


Soprattutto non credo sia sano permettere a nessuno che non sia io di
mantenere i dati, anche interni, dei miei lavori, documenti e quanto altro
possa venire in mente.
A poco vale il fatto che io possa fare dele copie di backup per proteggermi
da eventuali perdite o da interruzioni di servizio; di fatto voglio anche
mantenere la libertà di gestire totalmente quello che faccio, in
autonomia.


>> Quindi, il modello "software as a service" può essere utile per i
>> programmi realizzati con una filosofia del tipo "usa-e-getta", ed in
>> altre applicazioni di nicchia; sinceramente, mi sembra comunque meglio
>> del "trusted computing" proposto per gli stessi scopi da microsoft, in
>> cui l' applicazione veniva installata sul mio computer ma obbediva al
>> controllo di altri, perchè tale soluzione richiedeva che sul MIO
>> computer ci fosse una parte del sistema operativo sotto il controllo di
>> altri, e non escludibile (in teoria, una piattaforma di trust computing
>> potrebbe impedirmi anche di usare linux o openoffice, avete visto cosa
>> sta accadendo con l' iphone), mentre un sistema cloud computing non mi
>> toglie nulla dei servizi che ho già (anche su un netbook economico, con
>> SSD da 4 Giga e niente hard disk, posso installarmi ad esempio Knoppix
>> (in 700 MB ho linux, openoffice, gimp, WINE, mikmod, mplayer e tanta
>> altra roba), e collegare una chiavetta o un hard disk
>>  esterno (e quelli non spariranno dal commercio, anche se si affermano
le
>>  piattaforme di cloud computing, perchè sono insostituibili in troppe
>>  situazioni). Di certo, l' idea di passare tutto il proprio software ed
i
>>  propri dati nella nube è da incoscienti (purtroppo il mondo ne è
>>  pieno), ed occorre vagliare attentamente cosa tenere offline e cosa
>>  online.
>>   
> Premetto che non credo che il Saas (inteso nelle sue ramificazioni) in 
> toto sia malvagio, ammesso mai che uno strumento possa esser più 
> malvagio del cattivone che lo usa...
> Ad esempio, nei rapporti tra aziende, credo che la capacità 
> imprenditoriale di scegliere sia notevolmente aggravata rispetto quella 
> del comune cittadino (giuridicamente si parlerebbe di diligenza 
> professionale Vs diligenza del bonus pater familias). Per cui, un 
> imprenditore è per definizione cosciente di mettere i propri dati in 
> mano ad un soggetto estraneo. Se lo fa, ben per lui.
> Altra cosa, invece, è per l'utente. Spesso, la persona comune non ha la 
> voglia o l'interesse di approfondire le questioni contrattuali legate 
> all'accettazione dei termini di servizio e si trova, inconsapevolmente, 
> a foraggiare la brama di informazioni del fornitore di servizio. Una 
> volta che il dato personale è entrato nella nuvola, la persona non ha 
> più la disponibilità del dato: non lo può cancellare, non può sperare

> nel suo oblio.
> Tutto ciò mi appare molto più pericoloso, minaccioso ed inattaccabile 
> rispetto al TC. Il personal computer con disco rigido e tanta 
> prestazione sarà solo un ricordo.

Sta a noi ed alla popoloazione digitale di oggi determinare il futuro delle
macchine.

 Il sistema operativo (sia proprietario 
> che libero) rappresenterà solo una traccia minimale residua, capace di 
> bootare la macchina, ovvero il terminale di rete.
Questa parola *terminale di rete* mi spaventa davvero :)

> Tutta l'intelligenza 
> sarà devoluta alle nuvole: servizi, dati, programmi, tutto on line.
> Perché si dovrebbe spendere soldi e risorse in sistemi TC quando con il 
> Saas posso impedire a prescindere il controllo dei dati e dei contenuti?
> A chi giova investire in hardware tecnologicamente avanzato che 
> controlli il pc, quando è possibile il controllo pervasivo, tenace e 
> totale da remoto?
> Per questo, già da un pò, ho smesso di gridare ai quattro venti che il 
> TC è il nemico definitivo: il Cloud Computing lo batte di gran lunga.

non posso che essere d'accordo con Gnuccio.
> 
> Gnuccio

NW315



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