[AcLab] Profilazione: un'occhiata ai pro e ai contro

Angelo Rosina angros47 a yahoo.it
Ven 29 Gen 2010 14:18:35 UTC


> molti dei ragionamenti e analisi fatti da angelo appaiono
> logici e
> sensati, e per molti versi lo sono
> 
> tuttavia poggiano su alcuni assunti di base, implicitamente
> ammessi, a
> partire dai quali derivano
> 

Capisco: del resto, è proprio per questo che ho proposto l'argomento.


> ad esempio, quando si dice (nel post di angelo a inizo del
> thread)
> <cite>"chi vuole vendere un prodotto cerca di vendere
> qualcosa che piaccia
> ai suoi clienti, ed io sinceramente preferisco che il
> venditore cerchi di
> scoprire cosa piace a me, invece di provare a convincermi
> che mi piace ciò
> che vende lui;"</cite> non si sta prendendo in
> considerazione (quasi
> ammettendone una sorta di ineluttabilità naturale) la
> possibilità di
> relazioni economiche e sociali diverse da quella
> venditore-cliente in un
> contesto di mercato finalizzato al profitto

In particolare, a quali tipi di relazioni ti riferisci?



> quando poi si parla di cartelle cliniche e disponibilità
> dei dati sanitari
> per fini di ricerca e di cura delle malattie che ci
> affliggono, si assumono
> e danno per scontate molte cose (dando di nuovo
> l'impressione di non
> ammettere possibili diversi approcci) che dovrebbero invece
> pesare e non
> poco all'interno del ragionamento... parlo, ad esempio, del
> fatto che il
> "mondo della sanità" in cui si inscrivono questi
> ragionamenti è di fatto
> parte dello stesso contesto di mercato finalizzato al
> profitto già prima
> richiamato (tanto che risulta spesso difficile capire se il
> fine ultimo
> della nostra "sanità" sia la cura o il profitto),

In Italia (dove la maggior parte della spesa sanitaria è gestita dallo stato) siamo ancora messi molto meglio rispetto, ad esempio, agli Stati Uniti, dove la sanità è privata (la speranza di vita, in Italia, è tra le più alte al mondo); e la differenza tra i due modelli si vede anche se si considerano gli ospedali pubblici e le cliniche private: addirittura, la maggior parte delle cliniche private non ha il reparto di rianimazione, o il pronto soccorso (ovvio: il paziente che arriva al pronto soccorso non sempre è in grado di pagare la prestazione, e non è possibile rifiutargli le cure, trattandosi di una urgenza, quindi il pronto soccorso non rende, dal punto di vista economico); il risultato è che se, ad esempio, uno si fa ricoverare in clinica, poi la sua situazione si aggrava, la clinica non è attrezzata per curarlo, e deve essere trasferito in ospedale (con tutti i problemi del caso)

> costituendo anche uno dei
> più formidabili dispositivi tra quelli di controllo
> sociale (basti pensare
> all'ambito della malattia mentale (ma quale?) e delle
> cosiddette "cure"
> psichiatriche (segregazione, elettroshock, TSO, mercato dei
> farmaci esteso
> ai bambini, e via dicendo...)

In realtà, per disporre un trattamento sanitario obbligatorio occorre l'ordinanza del sindaco, non basta un certificato medico.

> 
> allo stesso modo si assumono e si danno per buoni, senza
> considerare la
> possibilità di approcci alternativi, le stesse definizioni
> di malattia e di
> cura nonché gli orientamenti e gli scopi di ricerca e
> prevenzione...

Il discorso sulle medicine alternative è troppo vasto per affrontarlo qui: per la medicina convenzionale, una terapia (di qualsiasi tipo) è considerata valida se su un numero sufficientemente alto di pazienti dimostra di produrre risultati migliori rispetto ad un numero uguale di pazienti trattati con un placebo (vale a dire, con un trattamento "fasullo": farmaci costituiti solo da acqua colorata, da compresse di zucchero o da capsule vuote).

Avevo spiegato su questa pagina: http://risposte.wikia.com/wiki/Cosa_vuol_dire_placebo

il motivo di tale scelta.

Le cosiddette "medicine alternative" (omeopatia, pranoterapia, medicina ayurvedica...) nella maggior parte dei casi sono state esaminate con lo stesso tipo di test, e non lo hanno superato (se i risultati sono uguali a quelli ottenibili con trattamenti fasulli, è chiaro che il trattamento non funziona); gli studi clinici al riguardo vengono pubblicati sulle riviste mediche, consultabili anche online (il motore di ricerca specializzato per questo è pubmed.org)


> ma cosa succede quando smettiamo di ammettere e dare per
> scontati tutti
> questi assunti di base? 
> il percorso di analisi e le conclusioni che possono
> sacaturirne, quando si
> inseriscono anche questi aspetti come parte dei
> ragionamenti fatti da
> angelo, è lo stesso? francamente credo proprio di no.
> 
> ha ancora senso poter accettare di "esternalizzazre" il
> controllo della
> propria vita in cambio di un benessere o di una
> serenità/felicità definita
> da altri?


Lo si fa ogni volta che si richiede un consulto professionale (da un medico, da un avvocato, da uno psicologo....); si spiega la propria situazione, e si ottiene una risposta. È vero che al giorno d'oggi è possibile ottenere tutte le informazioni che occorrono per trovare le risposte da soli, ma il problema è che se ne trovano troppe: provate a cercare informazioni, ad esempio, su come curare il raffreddore (per fare un esempio "innocuo"): troverete centinaia di suggerimenti diversi; è evidente che non possono essere tutti giusti, ma allora cosa bisogna fare?

Finchè è un semplice raffreddore, si può ancora provare, ma quando si parla di una malattia più grave, dove scegliere la cura sbagliata potrebbe significare la morte, cosa si fa? Sei ancora disposto a provare a curarti da solo? O devi comunque decidere di fidarti di qualcuno che per lavoro faccia proprio quello?



> possimo pensare di star bene quando altri
> definiscono cosa e come
> ci fa sentire bene, fisicamente e mentalmente? 

Tranne che in casi particolarissimi (malattia mentale grave, oppure malattia infettiva pericolosa per gli altri) l'accesso alle cure è volontario, e nessuno può essere obbligato.

La definizione stessa di malattia è variabile, ma in genere si intende una alterazione delle condizioni psicofisiche di una persona (rispetto ad una situazione di riferimento) che comporti complicazioni o letalità significative. Per fare un esempio: se una persona ha l'aorta più grande rispetto alla media, deve essere considerato "malato", o semplicemente diverso dagli altri? In questo caso, lo si considera malato, perchè nei casi analoghi (gli altri soggetti con aorta dilatata), se non si interviene, l'aorta tende a dilatarsi ulteriormente (aneurisma) fino a rompersi, con un elevato rischio di morte; si consiglia quindi al paziente un intervento per correggere tale situazione.


> 
> davvero si può pensare alle legislazioni come strumenti
> finalizzati al
> benessere generale e dei singoli? in grado di tutelarne la
> privacy mettendo
> la volontà, la felicità, la salute ecc. delle persone
> davanti a qualsiasi
> altro interesse particolare?
> 
> 
> 
> provo ora, per il seguito, a non ammettere implicitamente
> le cose cui ho
> accennato sopra...
> 
> > Inoltre, vorrei farti una domanda: saresti disposto a
> lavorare in una
> > fabbrica dove si lavora l' amianto? O vicino ad una
> sorgente di
> radiazioni,
> > senza nessuna protezione? Se si conosce la
> pericolosità di tali
> situazioni,
> > il merito va, in buona parte, alla raccolta dati (che,
> tra l'altro, è
> > avvenuta con il consenso dei diretti interessati)
> 
> perché esiste o dovrebbe esistere una fabbrica dove si
> lavora l'amianto

Sono esistite per anni, per produrre materiali ignifughi.

> o
> una sorgente di radiazioni?

Oltre alle centrali nucleari, esistono ad esempio i reparti di radiologia, radioterapia e di medicina nucleare negli ospedali.

> 
> e, se anche se ne ammette l'esistenza, perché si ammette
> che vi possano
> essere delle persone che ci lavorano? perché invece non le
> si chiude
> completamente? 

Perchè per molte situazioni sono insostituibili (a te, o a qualche tuo conoscente, sarà capitato sicuramente di aver bisogno di una radiografia o di una tac, ad esempio)


Per quanto riguarda la riduzione dei rischi, esistono tre tipi di prevenzione:

Primaria: ridurre o eliminare l' esposizione al fattore di rischio (ad esempio, nel caso delle radiazioni, usando schermature ed evitando di avvicinarsi ai macchinari)

Secondaria: Quando si conoscono i danni tipici causati dall'esposizione ad un certo fattore di rischio, è possibile identificarli in anticipo, prima che diventino pericolosi (ad esempio, uno dei possibili danni da radiazioni è il calo dei globuli rossi, quindi chi lavora dove possono essere impiegate radiazioni deve effettuare periodicamente analisi del sangue); questo permette di limitare i danni, nel caso in cui le misure della prevenzione primaria non siano bastate

Terziaria: le malattie che insorgono in chi si è trovato in una certa situazione, potenzialmente a rischio, vengono documentate, per cercare possibili correlazioni: in questo modo si possono scoprire eventuali danni a lungo termine, e questo permette di adottare precauzioni migliori sulla prevenzione primaria o secondaria.


Per la prevenzione primaria, la raccolta dati è inutile, ma per la prevenzione secondaria e terziaria è uno strumento indispensabile.

> 
> > Il data mining, per quanto pericoloso, ha anche delle
> potenzialità
> > interessanti, e non so se è giusto ignorare tali
> possibilità, quando si
> > avrebbe la possibilità di ridurre il numero di morti
> per alcune
> malattie;
> 
> quali malattie? chi e perché ha deciso che un certo stato
> è "malattia"? 

Ti ho risposto sopra, ma ti faccio un altro esempio: se la tua glicemia è più alta rispetto agli altri, hai una malattia (diabete), o è semplicemente una tua caratteristica (come l'altezza, il peso...)? Il punto è che esistono anche altre persone con la glicemia elevata: e tali persone sviluppano poi disturbi anche molto gravi (insufficienza renale, perdita della vista, ulcere cutanee, coma e morte); se invece la glicemia viene corretta, il rischio di sviluppare tali ulteriori disturbi si riduce o scompare. Una volta saputo questo, secondo te, la tua condizione andrebbe considerata "malattia" o no? Cosa è successo agli altri che erano nella tua stessa situazione?


> 
> > dopo tutto, in campo medico vengono già usate, e con
> successo,
> tecnologie
> > molto più pericolose e controverse, come l'ingegneria
> genetica,
> l'energia
> > nucleare, e perfino l'antimateria (non sto scherzando:
> esiste la
> tomografia
> > ad emissione di positroni).
> 
> a chi va veramente il beneficio di queste tecnologie? è un
> beneficio
> generale e collettivo?

Suppongo che ti sia già capitato di vedere una tac (o almeno una radiografia) e di renderti conto di quali sono i benefici.

> e il beneficio generale e collettivo di queste tecnologie
> ne supera le
> conseguenze altrimenti "dannose"?
> e cosa significa "beneficio" o "successo" in campo medico?
> e quali sono le
> relazioni di queste definizioni con il campo economico
> (ovvero con il
> "mercato")? si può parlare di queste cose in termini
> strettamente "medici"
> o "scientifici" senza che entrino in gioco altre cose?...

Questo è un argomento vastissimo (la valutazione del rapporto rischio/beneficio), che non si può liquidare in poche parole.

> 
>.........................................
> nel quadro di una analisi più ampia che ho invocato,
> possiamo davvero
> pensare che un qualche dispositivo giuridico-normativo
> possa davvero essere
> una soluzione? o non è forse, semmai, parte del problema?

Non è "la" soluzione, ma secondo me è almeno una parte della soluzione: al momento attuale, in pratica vige la legge della giungla, dove il più forte detta le regole (chi raccoglie i dati, spesso non rispetta altre regole se non le proprie, ed a volte lo fa all'insaputa degli utenti): quando si affidano i propri dati a Google, ad esempio, si accetta un regolamento che è stato realizzato da Google, e questo è sbagliato: tale regolamento dovrebbe essere deciso da qualcuno che sia al di sopra delle parti, e che non abbia interessi diretti.


> 
> > E non si può aspettare troppo: Google ed altri si
> stanno già muovendo in
> > questo settore (vedi https://www.google.com/health/ ), e se riescono a
> > crearsi un database con tutte queste informazioni
> prima che venga
> stabilito
> > in qualche modo quali sono i limiti, poi sarà
> difficilissimo modificare
> la
> > situazione (se hai inserito i tuoi dati clinici,
> accettando la policy
> > attuale di Google, poi non puoi più dire niente)
> 
> ed anche questo conferma i limiti di un approccio
> giuridico-normativo al
> problema... tanto più nel contesto sociale ed economico
> entro cui ricade...
> 


Il problema della profilazione è vasto, e si articola su più livelli, quindi anche la soluzione deve articolarsi su più livelli (partendo da soluzioni individuali a breve termine, di facile realizzazione, fino ad arrivare ad un discorso più generale, nella prospettiva di trovare una soluzione a lungo termine soddisfacente.


Si potrebbe fare una "scaletta" dei diversi punti da affrontare:

-individuali a breve termine: tor, scroogle, bugmenot (tutte soluzioni facili da usare, subito disponibili, ma che non sappiamo quanto dureranno)

-individuali a medio-lungo termine: yacy, software libero, server individuali (soluzioni che funzionano, che dureranno probabilmente a lungo, ma che non sono così "immediate", per gli utenti inesperti, e quindi non sono adatte a tutti)

-globali, a breve termine: siti informativi, e "burle" (come quella che avevamo proposto, di far accettare "termini di servizio" in cui l'utente si impegnava a fare le pulizie a casa tua o a rinunciare alla patente)

-globali, a medio termine: campagne di educazione e sensibilizzazione

-globali, a lunghissimo termine: una serie di provvedimenti giuridici per tutelare i diritti della gente in questo campo
> 
> saluti
> 

bye.




      



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