[AcLab] R: Dovrei esserne contento, eppure...

alexus / dotcommon dotcommon a autistici.org
Lun 23 Nov 2009 18:37:34 GMT


scusate... mi permetto di intervenire...

On Mon, 23 Nov 2009 09:47:29 +0000 (GMT), Angelo Rosina
<angros47 a yahoo.it>
wrote:
> Non so se riesco a chiarirmi, ma ci proverò: sia Google, sia Microsoft,
> sia Apple fanno più o meno le stesse cose (probabilmente la versione
> gratuita di Office avrà pubblicità, ad esempio, e Apple ha appena
> brevettato una cosa simile
>
(http://www.melablog.it/post/10004/un-brevetto-infila-la-pubblicita-in-mac-os-x),
> ma Google lo dichiara esplicitamente: con Google è chiarissimo il fatto
> che possono vedere tutto quello che fai (tanto è vero che mettono
> pubblicità contestuale anche nella posta); a questo punto, mi sembra
> comunque preferibile una cosa del genere a chi cerca di ottenere gli
stessi
> risultati, ma di nascosto.

mah... mentre ti stanno prendono a mazzate non so quanto possa essere
preferibile se lo fanno a volto scoperto anziché nascosti da un
passamontagna... ma questa è una valutazione personalissima...

non credo invece si possa parlare di G come di un qualcosa che operi in
modo trasparente...
riporto un estratto dell'introduzione del libro "Luci e ombre di
google..." (liberamente disponibile qui: www.ippolita.net) che vi invito a
leggere (sebbene un poco datato):

"[...] Google ha saputo sfruttare magistralmente il nostro bisogno di
semplicità. [...] 
"Don't be evil" (non essere cattivo) è il motto di Sergey Brin e Larry
Page, i due fondatori di
Google. Gli ex-studenti di Stanford, grazie ad un'oculata gestione della
propria immagine, hanno
creato un "Gigante Buono", impaziente di archiviare le nostre "intenzioni
di ricerca" nei suoi
sterminati database. L'alter-ego digitale di milioni di utenti sembra
essere in buone mani, affidato al
datacenter principale di Mountain View, California, noto come Googleplex.
Qui, come negli altri
centri di archiviazione dati di Google - che stanno spuntando come funghi
in tutto il mondo - si
mettono a punto vere e proprie armi per combattere la guerra per il
controllo delle Reti. In primo
luogo, si diffonde la pratica del capitalismo morbido dell'abbondanza: si
tratta di una strategia di
controllo biopolitico in senso stretto, che propina ambienti di lavoro
confortevoli, pacche sulle
spalle e gratificazioni ai dipendenti. I lavoratori, soddisfatti e
lusingati, sono contenti di farsi
sfruttare e diventano i maggiori sostenitori dell'azienda, fieri di
propagandare un'immagine vincente
e "buona".
Gli obiettivi e i metodi di Google sono buoni per tutti; infatti, la
filosofia aziendale, basata
sull'eccellenza di stampo accademico, l'impegno per l'innovazione e la
ricerca, si trova esposta in
dieci rapide verità sul sito stesso del motore di ricerca. Questi dieci
comandamenti costituiscono
una sorta di buona novella dell'era informatica, il Google-pensiero,
propagato con l'aiuto di veri e
propri "evangelizzatori" (evangelist), ovvero personalità di spicco del
mondo informatico. Ultima
arma, ma non meno importante, è la cooptazione delle metodologie di
sviluppo cooperativo tipiche
dell'Open Source e l'uso di software liberi, non protetti da copyright o
brevetti, come base per i
propri prodotti. In questo modo Google abbatte i costi per
l'implementazione dei propri servizi, si
assicura l'appoggio di tecnici, smanettoni e hacker di tutti i tipi e si
spaccia per il sostenitore della
causa della libera circolazione dei saperi, poiché l'uso del motore di
ricerca sembra offrire l'accesso
gratuito alla Rete nel modo migliore.
Ma il sogno di Brin e Page di "Google contenitore di tutta Internet",
coltivato fin dai tempi
dell'università, è solo un'idea demagogica, utile ad affermare un culto
quasi positivistico
dell'oggettività scientifica: nel caos della Rete solo una tecnica
superiore può farsi garante della
trasparenza dei processi, della correttezza delle risposte, addirittura
della democrazia.
Infatti Google dichiara di essere uno strumento "democratico", basato sul
presunto carattere
"democratico" del Web. [...] Il PageRank assegna ai siti Web importanti e
di alta
qualità un voto più elevato, utilizzando filtri e criteri non pubblici, di
cui Google tiene conto ogni
volta che esegue una ricerca. La "democrazia" di Google ordina perciò la
Rete in base al numero di
voti ricevuti da ogni pagina, e dell'importanza di questi voti: una
democrazia filtrata dalla
tecnologia.
Vi sono alcuni segreti attorno al colosso di Mountain View, molti dei
quali, come vedrete, sono
segreti di Pulcinella. L'alone di leggenda che circonda la tecnologia
googoliana è dettato in gran
parte dall'assenza di un'istruzione di base, di rudimenti pratici per
affrontare culturalmente l’onda
lunga della rivoluzione tecnologica. Per esempio, la straordinaria
rapidità dei risultati di ricerca è
frutto di un'accurata selezione niente affatto trasparente. [...]
E se esistono filtri creati per garantire una migliore navigazione
linguistica, non è lecito supporre
che ne esistano molti altri, studiati per indirizzare anche le scelte dei
navigatori? Il prodigio di
Google è in realtà una tecnologia opaca e secretata dal copyright e
accordi di non divulgazione dei
suoi ritrovati. La ricerca non è trasparente né democratica come viene
spacciato: non potrebbe
esserlo sia per motivi tecnici, sia per motivi economici.
Il campo bianco di Google in cui si inseriscono le parole chiave per le
ricerche è una porta stretta,
un filtro niente affatto trasparente, che controlla e indirizza l'accesso
alle informazioni. In quanto
mediatore informazionale, un semplice motore di ricerca si fa strumento
per la gestione del sapere e
si trova quindi in grado di esercitare un potere enorme, diventando
un'autorità assoluta in un mondo
chiuso. Il modello culturale di Google è dunque espressione diretta di un
dominio tecnocratico. [...]"

> Per fare un paragone, pensa agli alimenti: molti produttori di cibi
> cosiddetti "biologici" utilizzano in realtà un mucchio di pesticidi,
solo
> che poi non possono dirlo, perciò, visto che tanto commettono già un
> illecito, a questo punto non rispettano nemmeno le norme di sicurezza
> imposte per i cibi "normali", e se compri da loro ti prendi una quantità
di
> veleni decisamente più alta: l' alternativa sarebbe di autoprodurre
tutto,
> o di comprare solo dal contadino che conosci bene, e di cui ti fidi, ma
è
> pratico vivere così?

se con questo intendi dire (spero di no) che la nostra vita, la nostra
libertà, possa o debba essere valutata in termini di
funzionalità/praticità, allora non posso essere d'accordo

peraltro, autoproduzione, autorganizzazione, autogestione, fiducia (come
quella verso il contadino che conosci bene) dovrebbero proprio essere, a
mio modo di vedere, gli "ideali" di vita verso cui tendere

>> Bene, ma la libertà - anche nella sua forma più blanda -
>> deve applicarsi
>> anche all'hardware, il software è solo una parte del
>> problema. Inoltre

concordo pienamente

>> Android contiene software proprietario, anche se credo
>> esista una variante
>> libera (chiedi ad Alexus per ulteriori informazioni).
> 
> Credo che proprio Replicant sia la versione di Android libera.

si, replicant:
http://trac.osuosl.org/trac/replicant/wiki/WikiStart

ma c'è anche SHR che è molto interessante:
http://shr-project.org

> Beh, adesso che ChromeOS è uscito, e si leggono le prime recensioni, mi
> sto facendo l' idea che non miri affatto a sostituire i sistemi
operativi
> tradizionali: 

per ora, forse... ma la direzione "100% cloud" verso cui si sta andando
(per la gioia di governi e multinazionali) mi pare abbastanza chiaramente
definita...

> su un computer fisso, al massimo si potrebbe usare in
> dual-boot con un sistema operativo completo, per saltare i tempi di
> caricamento se voglio solo guardarmi la posta o cercare una pagina di
> wikipedia (mi pare che ci siano anche altri sistemi del genere, come Gos
e
> SplashTop)

lo scenario per il futuro (credo plausibile visto che conviene a tutti i
"potenti") mi pare sia:
- sistema operativo "lockato" sull'hardware
- utenze (leggi: identificazione personale) solo "via" internet (no
internet = no accesso, no utenza = no accesso)
- no HD (leggi: i tuoi dati li teniamo "noi"... sai, per il tuo bene, per
ubiquità e maggiore praticità, per garantirti la tua stessa sicurezza...)
- no software installato da parte dell'utente (stesse regioni di prima...
e poi basta con questa rottura di stare a installare, configurare, ...)

> Credo che una cosa del genere possa aver senso solo per dispositivi
> ultraportatili (e in tal caso, non è una idea così sballata non avere l'
> hard disk: se io sono in giro con un netbook, è più facile che mi venga
> rubato il netbook piuttosto che l' accesso ad internet), 

vedi sopra... e poi ci sarebbe sempre la crittografia...

> oppure per i
> sistemi embedded (certo non lo vorresti nel computer, ma nel televisore?
La
> possibilità di navigare dal televisore potrebbe anche non essere così
> male). 

mi pare si possa già fare benissimo anche senza G (per esempio: mythtv e
progetti similari)

> Per il momento, non ho l' impressione che Google punti tanto a
> sostituire il computer, quanto a creare un settore nuovo, con
applicazioni
> che non sono possibili con i sistemi tradizionali.

più che un nuovo settore mi pare cerchi di creare un nuovo mercato da
dominare...

> Intanto, come misura precauzionale, direi che ci sono due linee
d'azione:
> 
> 1) Realizzare uno o più sistemi operativi con requisiti relativamente
> ridotti: 

mi pare ce ne siano già in abbondanza

> fortunatamente, Chrome richiede parecchia memoria (per poter
> fornire una velocità elevata), ed il kernel linux è in buona parte
aperto:

giusto per la precisione, ricordiamoci che aperto non vuol dire libero

> non dovrebbe essere affatto difficile realizzare una distro linux (o
anche
> di un altro sistema, come haiku, freeBSD, freedos, reactos... linux non
è
> l' unico sistema libero esistente) che abbia requisiti hardware uguali o
> minori, che sia perfettamente compatibile (si potrebbe anche riciclare
> parte del kernel ChromeOS, per avere i moduli giusti), ma contenente
magari
> AbiWord e Gnumeric (in BasicLinux, si può fare una cosa del genere in
meno
> di 20 mega, quindi non dovrebbe essere un problema infilare tutto questo
al
> posto di ChromeOS, o anche a fianco): 

si... almeno finché ce lo lasciano fare...

e, per inciso, andiamoci piano a dire che linux (che poi sarebbe
GNU/Linux) è libero... la cosa non è per nulla automatica...
http://www.fsfla.org/svnwiki/selibre/linux-libre/
http://www.gnu.org/distros/free-distros.html
http://www.gnu.org/philosophy/common-distros.html

> in questo modo, anche il più
> economico dei netbook può diventare una workstation completa (in modo
> perfettamente legale, 

tipo il lemote yeeloong con su gNewSense???
http://www.tekmote.nl/epages/61504599.sf/nl_NL/?ObjectPath=/Shops/61504599/Products/CFL-004
http://wiki.gnewsense.org/Projects/GNewSenseToMIPS

> a meno che i produttori su questo non seguano l'
> esempio di Apple di blindare il dispositivo.... 

appunto...

> è per questo che dicevo che il vero pericolo
> viene da Apple, non da Google)

sicuro? io direi da tutti e due:
http://punto-informatico.it/2758175/PI/News/android-chrome-os-prossimamente-insieme.aspx
google <---> chrome <--> android <--> apple

> 2)Usare un mini-server, [...]
> In questo modo, si avrebbero tutti i vantaggi di conservare i propri
dati
> (niente lock-in, nessuno può vederli, puoi cancellarli definitivamente,
> puoi spegnere il server, non hai pubblicità), ed una buona parte dei
> vantaggi del cloud computing (puoi accedere ai tuoi documenti da
qualsiasi
> computer, anche pubblico, si può lavorare in più persone sugli stessi
> documenti,puoi avere un portatile che costa pochissimo, se ti rubano il
> portatile non perdi nessun dato importante): certo, sta a te farti i
> backup, fare la manutenzione del sistema e badare alla sicurezza sia
> informatica (firewall) che fisica (non lasciare il server dove può
essere
> danneggiato o manomesso)

ed ecco che alla fine si arriva a parlare di autogestione!
così sì che mi piace!

> A questo punto, cosa gira sul portatile non ha più nessuna importanza.

beh insomma... averci su m$ win che "rigira" i miei dati a CIA e NSA una
qualche "importanza" per me lo ha...
 
> Secondo me, l' obbiettivo dovrebbe essere soprattutto di promuovere
simili
> iniziative: 

su questo concordo: occorre diffondere consapevolezza su questi temi

> se dici "mi rifiuto di usare il cloud per le sue implicazioni
> sulla libertà e la privacy" pochi riusciranno a seguirti, ma se mostri
una
> alternativa altrettanto comoda, dicendo "è più sicura, perchè puoi
accedere
> ai tuoi dati anche se la connessione ti salta", e facendo vedere che non
c'
> è pubblicità, potrai avere più gente che ti dà retta: a quel punto, puoi
> iniziare il discorso sulla tutela della privacy e sulla libertà
personale.

mah... io il discorso lo faccio comunque, alternativa o no

> E' un discorso analogo al convincere la gente a passare a linux: per l'
> utente che non programma, il concetto di software libero spesso è quasi
> incomprensibile, e poi magari ti dice "l' ho pagato, ora lo uso: è
giusto
> comprare il software, così come si compra l' hardware", perchè non sa la
> differenza tra software e licenza; magari quell' utente si trova male
con
> Windows, e pensa di passare al Mac (ancora più chiuso); se però gli fai
> vedere che con Linux ha le stesse funzioni, gratis (può usarlo sul
computer
> che ha già), e in più può avere i programmi nuovi senza pagare, non ha
> virus, e non ha nessuna rogna con le licenze in caso di ispezione,
magari
> passa a linux: forse non capirà mai a fondo il concetto di software
libero,
> e quasi certamente non svilupperà manco una riga di software libero, ma
> intanto è un cliente in meno per il software proprietario, ed un utente
in
> più a promuovere un sistema libero.

scusa ma anche su questo proprio non concordo

abbiamo appena detto che il "vero" problema si ha con l'hardware, con i
dispositivi blindati...
abbiamo appena detto che è fondamentale diffondere consapevolezza su
questi temi...

ora, quando mai i produttori hardware smetteranno di produrre dispositivi
di blindatura (TC) e/o con firmware chiusi proprietari fintantoché ci sarà
gente che, per praticità e funzionalità, continuerà ad usare sistemi non
liberi, magari anche solo in parte e, guarda caso, proprio nei "pezzi" di
software che servono a far funzionare i dispositivi non liberi?

con le (poche) distribuzioni GNU/Linux VERAMENTE libere al 100% un bel po'
di dispositivi hardware non funzionano proprio perché queste distro non
includono i "pezzi" di software non libero necessari a far funzionare quei
dispositivi: se tutti usassero SOLO queste distribuzioni allora, forse, si
potrebbe in qualche modo "forzare" i produttori a "liberare" l'hardware

insomma, gli utenti dovrebbero usare distribuzioni veramente libere
proprio e solo perché solo davvero libere e non per ragioni di praticità o
funzionalità o economicità...

se invece si ragiona in termini di praticità o funzionalità o economicità
cade miseramente tutto il discorso... 
cosa cambia per un produttore hardware se i suoi dispositivi non liberi
sono usati da un utente M$ o da un utente Ubuntu? perché mai dovrebbe
preoccuparsi di "liberare" l'hardware che produce?
cosa cambia in termini di libertà tra un utente M$ che ha una scheda video
Nvidia e usa Office e fa siti in Flash e un utente Ubuntu che usa la stessa
scheda con i driver proprietari, usa openoffice ma salva in formato .doc e
installa il plugin flash su Firefox? e che fine ha fatto la consapevolezza
di questi utenti?

forse allora (tornando al discorso iniziale sulla "trasparenza" di G) M$ è
"meglio" di Canonical perché almeno è trasparente: chi usa windows sa di
usare un sistema non libero, chi usa Ubuntu spesso invece non lo sa...

cordialmente
al3xu5

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